Parrocchia S. Carlo Borromeo alle Brecce

                                                                                              Prologo

 Si hanno pochissime notizie dell' antica  chiesa dedicata a S. Carlo Borromeo. Si sa che fu eretta alla fine del 1800 lungo il tracciato di via Brecce a  S. Erasmo ed è per questa sua localizzazione che fu denominata  " S. Carlo Borromeo alle Brecce ". Divenne chiesa parrocchiale nel 1931 quando i vasti territori iniziarono ad essere divisi in più parrocchie. Fu in seguito bombardata durante il  2° conflitto mondiale probabilmente tra il 1943 e 1944. Per qualche anno la comunità rimase senza un adeguato luogo di culto e i residenti furono costretti a recarsi alla vicina parrocchia di S. Erasmo. Da allora, della vecchia chiesa parrocchiale, non resta che un rudere (clicca sopra) appena visibile da via Galileo Ferraris, all' altezza dell' ex area della Manifattura dei tabacchi. In seguito, nel dopoguerra, si decise  di utilizzare come luogo di culto la vicina chiesa dedicata a S. Maria di Costantinopoli alle Mosche, situata in via Galileo Ferraris, 102.  Cosicché la nuova chiesa parrocchiale assunse questa denominazione: S. Carlo Borromeo alle Brecce in S. Maria di Costantinopoli alle Mosche. Ci occuperemo quindi della storia di quest' ultima. 

                                           
   

   planimetria di S. Carlo Borromeo alle Brecce del 1897


 

  sovrapposizione della planimetria con la mappa di Google Earth del 2014

 S. Maria di Costantinopoli alle Mosche
                 

                                                                                


                                                                                                                                foto 1




L' origine della devozione      
La città di Costantinopoli, divenuta capitale dell' Impero romano d' Oriente nel 330 d.C., ebbe fin dai primi  tempi per la Madre di Dio un culto tutto particolare, e ad incrementarlo, pare che sia stata la stessa madre di Costantino, l' imperatrice Elena.
Fin dall' inizio fu venerata come " odighìtria ", da odos, " via ", cioè colei che indica la via, il cammino. Infatti sin dalle prime rappresentazioni iconografiche, la Madre di Dio appare con il braccio sollevato la cui mano indica Gesù Bambino come " Via, Verità e Vita ".
Gli imperatori di Costantinopoli l' assunsero dunque come protettrice della città e di tutto l' Impero d' Oriente ed erano soliti portare questa immagine alla testa dei loro cortei trionfali come indicatrice e guida della via.
Nel corso dei secoli il significato di questo titolo assumerà sempre più un senso finemente teologico svelando il vero ruolo di Maria nella Chiesa, cioè colei che, indicando Gesù quale unico Maestro nel cammino di questa vita, ci aiuta a raggiungere con la sua potente intercessione la patria celeste.
A incrementare il culto a Costantinopoli contribuì anche l' imperatrice Pulcheria  ( 399-453 d.C. ) che volle stabilire una devozione particolare verso la Madre di Dio nei martedì: questo perché la definizione dogmatica della Divina Maternità di Maria nel Concilio di Efeso del 431 d.C. pare che sia avvenuta di martedì e inoltre perché di martedì, in quello successivo alla Pentecoste, per intercessione della Madonna, il popolo di Costantinopoli avrebbe ottenuto una vittoria sui persiani che avevano posto l' assedio alla città. Infatti nelle immagini, al di sotto della Madonna che tiene in braccio il Bambino Gesù, compare spesso la città di Costantinopoli cinta e turrita in preda alle fiamme, conseguenza drammatica di un assedio.
Le lotte iconoclaste, iniziate nel 726 d.C. ad opera dell' imperatore Leone III, intente a sopprimere ogni immagine sacra, il pericolo dell' invasione musulmana e l' influenza dell' arte bizantina, favorirono il trasporto di numerose immagini sacre dall'Oriente all' Occidente. Nel reame di Napoli questa devozione si sviluppò fin dal 1452, quando un' icona bizantina della Madonna approdò in Calabria e fu venerata appunto come " odighìtria ", Colei che indica la via. A Napoli, in particolare, questo culto si diffuse soprattutto durante gli anni in cui la città fu colpita gravemente dalla peste.
Una leggenda racconta che durante l' epidemia del 1527-28, la Madonna di Costantinopoli apparve a un' anziana donna promettendole la fine della peste e chiedendole di erigere un tempio lì dove avrebbe trovato una sua immagine dipinta su un muro. Rinvenuta questa nel martedì di Pentecoste del 1529 lungo le mura di cinta sotto la rocca di Caponapoli, vi fu edificata una prima cappella dedicata a S. Maria di Costantinopoli. In seguito, nel 1575, per allontanare il pericolo di una nuova epidemia, si decise di costruire una chiesa più grande lungo il tracciato di via Costantinopoli, di fronte all' attuale Museo Archeologico Nazionale.
 Il famoso detto napoletano: " a Maronna t’ accumpagna " si addice quindi pienamente al titolo della Madonna di Costantinopoli perché esprime visivamente la sua missione di Madre che vigila sul cammino dei suoi figli.

La chiesetta
Anticamente, per la presenza di alcuni allevamenti di bufali nelle Paludi Napoletane, una località, ora coperta dalla sede ferroviaria, fu denominata: " acqua della Bufola ( o Bufala ) " ; proprio qui sin dal XVI secolo  fu venerata un' immagine di S. Maria di Costantinopoli.
In questo luogo l' antica chiesetta che custodiva tale immagine, apparteneva alla nobile famiglia " Delli Zaccaria " , ascritta al Patriziato napoletano del Seggio di Capuana, e prima del 1700 andò distrutta ( forse a causa del terribile terremoto nel Beneventano del 5 giugno 1688 che danneggiò gravemente numerosi  edifici della città di Napoli ).
La Congrega dei nobili della Disciplina della S. Croce di S. Agostino a Zecca, la più antica confraternita napoletana sorta nel 1290 e alla quale era anche iscritta la famiglia Zaccaria,  la fece ricostruire perché servisse quale cimitero per i suoi Confratelli, ma in seguito perché mal fatta, ebbe bisogno nel 1861 di una radicale riparazione, alla quale in sostituzione della Congrega, vi pose mano il Municipio che erogò la spesa di £. 1624,28 ( 382 ducati e 21 grani ). La Congrega non avendo i fondi per pagare i suoi debiti rinunziò al suo diritto di proprietà sulla Cappella, e l' Arcivescovo di Napoli, Sisto Riario Sforza nel febbraio del 1868 provvide a riscattarla, aiutato anche dai padulani, pagando come stabilito £. 1572,46. Le rimanenti £. 51,92 furono pagate in seguito dalla Congrega.
La festa solenne, considerando le sue origini, si è sempre celebrata nel martedì dopo la Pentecoste , e molto popolo vi partecipava, intervenendo dai vicini sobborghi della città.
Nel 1906 la caratteristica chiesetta venne demolita per ricostruire la linea ferroviaria, e il quadro della Madonna fu portato successivamente per  22 anni in 5 cappelle provvisorie, prima fra tutte quella che sorgeva dove ora si trova un edificio abbandonato all' angolo di via Benedetto Brin e via S. Maria di Costantinopoli alle Mosche, sorta lì proprio per ricordare l' esistenza dell' antica chiesetta posta più avanti. In quelle cappelle provvisorie ogni domenica gli ortolani, i fedeli e le operaie della zona industriale si recavano a partecipare alla santa Messa che il Reverendo Spavone Bonaventura, allora parroco di S. Erasmo (dal 1905 al 1927), faceva celebrare a devozione dei fedeli locali.
Aumentando la devozione verso la venerata immagine, nel 1928 i medesimi fedeli del Rione Pascone, volendo costruire una chiesa in onore della suddetta immagine, trovarono un suolo libero in via Galileo Ferraris al Pascone appartenente all' ingegnere Leopoldo De Lieto; questi l' offrì a mite prezzo concedendo anche moltissimo materiale per costruire le fondamenta del Nuovo Tempio.
Su questo suolo, dove oggi sorge l' attuale chiesa, e precisamente dove si trovano i locali più interni ( sala e ufficio parrocchiale ), si costruì provvisoriamente una cappella dove nei soli giorni festivi si celebrava la santa Messa; ma la costruzione del nuovo Tempio dal 1928 al 1941 non venne continuata.
Nel 1941, per l' intervento della terziaria francescana Elena Centi D’ Arienzo, che curava l' istruzione religiosa dei piccoli del rione, con l' aiuto della famiglia dell’ ingegner De Lieto e l' autorizzazione del Cardinale Alessio Ascalesi, vennero ripresi e quasi ultimati i lavori per la costruzione di una spaziosa chiesa che avrebbe dovuto ricordare ai posteri la materna protezione della SS. Vergine dal titolo di Costantinopoli.
Ma nell' incursione aerea del 17 luglio 1943, ciò che con tanti sacrifici era stato compiuto, venne completamente distrutto.
Entro il 1946, il Tempio fu ricostruito con la forma che oggi appare ai nostri occhi dall' impresa " Iadicicco-Mazzarella-Miraglia " su progetto dell' ing. Miraglia, come testimonia una targa di marmo posta in alto a destra all' interno della chiesa in prossimità dell’ arco.  I devoti e anime generose anche dall’ America, offrirono con tutto il cuore quel che poterono pur di restituire alla Madonna delle Mosche l’ onore dovuto.  A quel tempo fu nel voto di tutti di costituire la cosiddetta “ Casa del Fanciullo ”, un piccolo oratorio, dove i bimbi del popolo avrebbero trovato nella Madonnina una Mamma sollecita e buona con una cristiana educazione, ma per una serie di vicissitudini il progetto non andò in porto.

Cartografia
Dallo studio di antiche e più recenti carte topografiche, alcune delle quali allegate alla presente descrizione, è stato localizzato il punto in cui sorgeva la chiesetta.
Ad esempio sulla carta del 1874 ( Allegato 7 e 8 ) viene indicato chiaramente il nome della chiesa, mentre su quella del 1907 ( Allegato 11 )  quest' ultima appare, indicata da una freccetta, con il simbolo di una cappella alla fine di una strada. Può sembrare strano che su questa mappa la chiesa risulti ancora esistente sapendo con certezza che essa fu demolita nel 1906. Bisogna considerare  che non sempre venivano aggiornati  immediatamente i documenti, soprattutto se riguardavano piccole entità.
La chiesa o cappella, date le sue esigue dimensioni, si trovava precisamente alla fine di via S. Maria di Costantinopoli alle Mosche, strada che almeno fino al 1906 misurava circa 360 metri.
A causa dei nuovi lavori per l' estensione della linea ferroviaria, fu necessario abbattere la chiesetta.
Di questa demolizione se ne ha poi conferma osservando la carta topografica del 1937 (Allegato 12 ) dove appunto si nota l' assenza della chiesa e l' ampliamento dello scalo ferroviario il cui terreno ha praticamente coperto il luogo dove esisteva la cappella trent' anni prima.
Di quei 360 metri della via S. Maria di Costantinopoli alle Mosche ne restano circa 120 ed è il tratto che va dall' incrocio di via Benedetto Brin ( ex strada del Pascone ) fino alla sede dei binari della Circumvesuviana. Da questo punto, guardando avanti nella stessa direzione, a circa 240 metri si trovava la chiesetta. Si intuisce però che il luogo sul quale giaceva è praticamente coperto dalla sopraelevata sede del fascio di binari delle Ferrovie dello Stato ( oggi Trenitalia ) che s' innalza di circa 10 metri dal livello della strada. Partendo da Gianturco ci si passa sopra col treno a 200 metri prima dell' imbocco della galleria che conduce a Piazza Garibaldi.
L' immagine
La prima immagine della Madonna di Costantinopoli, custodita allora nell' antica chiesetta, andò distrutta in epoca imprecisata. Si può ipotizzare però che fu distrutta nel 1688 durante il sisma nel Beneventano.  Al suo posto, verso la fine del 1600, ne fu dipinta in tela un' altra dal pittore Giacomo del Pò (1654 - †1726) con alcune mosche, donde il titolo " S. Maria di Costantinopoli, volgarmente detta delle Mosche " (foto 1).
Questo titolo è giustificato da un' antica e graziosa tradizione. Circa tre secoli e mezzo addietro ( 1650 circa ) avvenne una grande invasione di grosse mosche nelle Paludi Napoletane al Pascone, e gli ortolani, spaventati già dalle numerose epidemie di quel secolo, nella loro pietà si rivolsero alla Vergine di Costantinopoli per essere liberati da quegli insetti tanto molesti alle persone e dannosi ai campi ed avendo ottenuta la grazia, quando venne meno il primo quadro a causa forse del sisma del 1688,  fecero dipingere un nuovo quadro ( l' attuale immagine ) con delle mosche ( 9 per la precisione ) per ricordare in futuro il favore ottenuto. Da allora si iniziò a chiamare la Madonna di Costantinopoli al Pascone, la Madonna delle Mosche. 
La tela ritrae la Madre di Dio come l' " odighìtria" , appunto colei che indica la via che è Cristo Signore; infatti si noti come il pittore ha voluto mettere in risalto questo significato dipingendo la mano destra di Maria che indica decisamente il Bambino Gesù che, a sua volta, ha la mano destra in atteggiamento di benedire l' umanità e la sinistra che regge una sfera sormontata da una croce, simbolo di Cristo Salvatore del mondo e Signore dell' Universo. La Vergine è mostrata anche come Regina degli Angeli e dei Santi per il fatto che due angeli reggono la sua corona regale nelle mani.
E' da notare anche le mura con torri della città di Costantinopoli sotto il trono della Madonna e tra i due santi, Antonio da Padova e Francesco d' Assisi. La città appare coperta da una cortina di fumo e bagliori di fuoco, scenario del ricordo di un intervento prodigioso della Vergine in un assedio dei persiani. 
Infine tra il gruppo dei Santi e della Madonna col Bambino, si trovano dipinte 9 mosche, alcune sulla nuvoletta che sorregge il trono, altre nel cielo oscurato dal fumo.
Un primo restauro fu eseguito in epoca imprecisata, un secondo da Vincenzo Toscano nel 1858 in occasione dell' ampliamento della chiesetta e un terzo restauro eseguito dal prof. Giglio Mormile nel 1946 per riparare i danni subiti dal bombardamento del 17 luglio 1943. 
Attualmente l’ immagine presenta in basso una lacerazione e del colore scrostato dalla tela a causa dell’ intensa luce di un faretto alogeno posto accidentalmente troppo vicino. Si spera in futuro di ridonare al quadro l’ antico splendore che ha fatto gioire i cuori di tanti devoti.
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